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06/08/2017 by Alessio Farina Leave a Comment

Totò Riina che tu sia maledetto!

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Ho voluto dare un titolo deciso per non dare adito a equivoci. La mia non sarà un’apologia del male, né un tentativo di giustificare gli atti di Totò Riina. La sua figura la conoscono certamente tutti. Egli fu e per certi versi continua ad essere il Boss indiscusso della Mafia siciliana negli anni ’90. Fu l’antagonista numero uno dell’attività di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Fu responsabile della politica del terrore, che arrivò a coinvolgere persino lo studio televisivo di Maurizio Costanzo e gli Uffizi Di Firenze. 

La morte cruenta eclatante di Giovanni Falcone, piuttosto che il tentativo eroico di difenderne la memoria di Paolo Borsellino, determinarono un sussulto di dignità da parte del popolo siciliano. Un movimento di popolo che disse allora “NO” alla Mafia. Nello spartiacque ormai creato tra giustizia e malaffare i siciliani presero una posizione convinta e precisa.

 

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La figura di Totò Riina entra molto nello sfondo delle vicende successive. Provenzano prende il suo posto, una figura più “illuminata” e forse più perfida. Egli capisce che di fronte al mutato scenario la mafia non può opporsi, ma deve piegarsi. Piegarsi alle nuove regole, accettare compromessi, ma sopratutto ritornare nel silenzio.

Totò Riina il boss dei boss

Totò Riina viene arrestato e in base alle nuove leggi, votate proprio dopo la morte di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, affidato ad un regime super-restrittivo detto 41-bis. Questo prevede tra le tante altre cose un isolamento pressoché assoluto e l’allentamento dalla Regione di appartenenza. E’ ormai noto infatti che i boss mafiosi riuscissero a comunicare e organizzare la malavita anche dal carcere. Il Boss non si è mai pentito, questo un video abbastanza esplicito:

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Anche a giudicare da come ne parla PUBBLICAMENTE la figlia per esempio in questa intervista trapela un malcelato orgoglio per la sua figura. E’ importante sottolineare il pubblicamente, perché ancorché non si possa chiedere ai figli di rinnegare il padre nel proprio intimo, gli si può senz’altro chiedere di non rilasciare dichiarazioni quanto meno inopportune.

E’ chiaro invece che la famiglia di Riina è stata protetta e sovvenzionata dalla mafia. Come hanno provveduto al loro sostentamento sin’ora? Come nota la sua stessa figlia, chi oggi farebbe lavorare un Riina? Il silenzio del padre ha pagato e ne ha fatto un simbolo, un antieroe. Lui è ormai il simbolo di una morale pervertita, di un circolo di subcultura che celebra le sue figure mitologiche. Il Boss dei boss ha sopportato per tutta la vita il regime di dura restrizioni “superiore al 41 bis”. Lo ha fatto per dare un senso a quanto stava accadendo. L’ho ha fatto perché lui è un mostro senz’anima, perché nel suo codice valoriale i boss fanno così. Ha scelto di non parlare per i figli, per proteggerli sapendo che nessuno avrebbe potuto salvarli se lui avesse parlato. Nessuno sa bene i motivi, nessuno li saprà mai, né forse sono importanti.

La morte dignitosa

Adesso si parla di nuovo di lui. La  morte arriva per tutti, arriva a cancellare qualsiasi cosa. Essa è come l’acido nel quale il boss dei boss versava le sue vittime. A Totò Riina, uomo d’onore, non importava cosa ci finisse dentro. Se un adulto che l’aveva fatta grossa a suo dire o un bambino innocente che se l’è fatta addosso dalla paura. Un bambino torturato nell’anima e nel corpo, ridotto a una larva. Un bambino che aveva capito cosa gli stavano facendo.

'Morte Dignitosa': Ecco cosa hai fatto tu a quel bambino!
“

UNA MORTE DIGNITOSA

(Interrogatorio a Salvatore Riina) “Io ho detto al bambino di mettersi in un angolo, cioè vicino al letto, quasi ai piedi del letto, con le braccia alzate e con la faccia al muro. Allora il bambino, per come io ho detto, si è messo faccia al muro. Io ci sono andato da dietro e ci ho messo la corda al collo. Tirandolo con uno sbalzo forte, me lo sono tirato indietro e l’ho appoggiato a terra. Enzo Brusca si è messo sopra le braccia inchiodandolo in questa maniera (incrocia le braccia) e Monticciolo si è messo sulle gambe del bambino per evitare che si muoveva. Nel momento della aggressione che io ho butttato il bambino e Monticciolo si stava già avviando per tenere le gambe, gli dice ‘mi dispiace’ rivolto al bambino ‘tuo papà ha fatto il cornuto’ .

(…) Il bambino non ha capito niente, perché non se l’aspettava, non si aspettava niente e poi il bambino ormai non era… come voglio dire, non aveva la reazione di un bambino, sembrava molle… anche se non ci mancava mangiare, non ci mancava niente, ma sicuramente la mancanza di libertà, il bambino diciamo era molto molle, era tenero, sembrava fatto di burro… cioè questo, il bambino penso non ha capito niente. Sto morendo, penso non l’abbia neanche capito. Il bambino ha fatto solo uno sbalzo di reazione, uno solo e lento, ha fatto solo questo e non si è mosso più, solo gli occhi, cioè girava gli occhi. (…)

Io ho spogliato il bambino e il bambino era urinato e si era fatto anche addosso dalla paura di quello che abbia potuto capire o è un fatto naturale perché è gonfiato il bambino.

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Dopo averlo spogliato, ci abbiamo tolto, aveva un orologio da polso e tutto, abbiamo versato l’acido nel fusto e abbiamo preso il bambino. Io ho preso il bambino. Io l’ho preso per i piedi e Monticciolo e Brusca l’hanno preso per un braccio l’uno così l’abbiamo messo nell’acido e ce ne siamo andati sopra. (…)

Io ci sono andato giù, sono andato a vedere lì e del bambino c’era solo un pezzo di gamba e una parte della schiena, perché io ho cercato di mescolare e ho visto che c’era solo un pezzo di gamba… e una parte… però era un attimo perché sono andato… uscito perché lì dentro la puzza dell’acido era… cioè si soffocava lì dentro. Poi siamo andati tutti a dormire”.

L’acido scioglie tutto nel mare liquido e maleodorante della miseria. E’ come la morte che sterilizza ogni cosa, priva di senso tutto e lascia solo il marcio della putrefazione. Quest’uomo adesso vive in ospedale, in regime di isolamento a lui sono concesse tutte le cure del caso. Già questo in confronto a quello che ha fatto mi pare una cura eccessiva.

Per morte dignitosa è evidente che si intende ancora dell’altro. Si intende la possibilità di riconciliarsi in punto di morte con i suoi cari. Cari che come visto sembrano più complici che vittime del padre. Non v’è alcuna ombra di dubbio che ci sia del marcio in questa vicenda! Questi molto grossolanamente i fatti.

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Le argomentazioni contro la morte dignitosa

Prima di cominciare escluderei per principio che Totò Riina torni a casa in Sicilia. E’ evidente che Corleone lo venera ancora, che rischia quella casa dove andrebbe di diventare persino metà di pellegrinaggio. Deve morire lontano e nel silenzio dei media. Della sua morte si deve parlare in modo blando e nessuno dovrà sapere dove è stato seppellito.

 Leggendo un po’ su Facebook c’è però un tema di fondo che ricorre e che mi pare anche il più immediato. Proprio Totò Riina che ha squagliato bambini nell’acido, che ha fatto saltare in aria i magistrati e le sue scorte, piazzato bombe in luogo pubblico, proprio lui chiede una morte dignitosa? Lui che ne sa della dignità? La chiede la sua famiglia? Ma anche la famiglia ha mai fatto abiura? Ha mai mostrato la minima vergogna per quello che ha fatto il padre o il marito? Dov’è la loro dignità nel chiedere una morte dignitosa per il padre?

Lo Stato e l’antimafia

L’altro argomento, che giudico più fondato su ragioni del primo, riguarda invece la legittimità della sua richiesta. Dato per assodato che il carcerato sta ricevendo tutte le cure è anche il caso di sospendere la pena e nello specifico il regime del 41 bis? Questo regime è incompatibile con la dignità umana? La difesa sostiene di no.

La risposta per i più è certo che si! Questa posizione in effetti mi pare più ragionata ed avere in definitiva più senso ai miei occhi. Se infatti non fosse considerato un regime compatibile con la dignità umana non avrei dovuto nemmeno applicarlo durante la vita oltre che evitarlo in caso di morte. Le leggi antimafia sono leggi speciali che regolano casi speciali.

Il Boss non ha mostrato volontà di collaborare, non c’è motivo per allentare il regime di restrizione. Non offende la dignità umana. Non si tratta di tortura fisica o psicologica, ma di una condizione proporzionale alla pericolosità del carcerato.

E i familiari?

La famiglia di Totò Riina è chiaramente diventata un simbolo. Abbiamo già detto che la loro condotta non ha certo aiutato la causa. Ma siamo sicuri che proprio i familiari non siano prigionieri dell’immagine costruita attorno al padre? Pensandoci bene le cose non stanno esattamente come dice la figlia? Chi la farebbe mai lavorare? Chi parlerebbe allegramente con i suoi nipoti? Hanno preferito mantenere su di loro l’immagine della famiglia intoccabile. Costruire intorno al padre un mito venerato nelle segrete stanze (e ultimamente anche fuori). La famiglia ha diritto a vedere allentato il regime di sorveglianza speciale? Ha diritto a passare in punto di morte gli ultimi giorni con il compianto e amato Padre?

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La pongo in modo più radicale. I figli hanno diritto ad amare il padre, venerarlo come un eroe nonostante tutto? Loro che sono cresciuti da sempre come fuggiaschi e latitanti, cresciuti all’ombra dei disvalori di un contesto malata e trasfigurato, possono stimare il padre nonostante tutto? E’ chiaro che se avessero rinnegato i suoi gesti infatti non chiederebbero adesso di vederlo. Però non lo hanno fatto.

Non voglio rispondere per voi, voglio solo chiedervi se è almeno legittimo porsi la domanda.

Le mie conclusioni personalissime

Probabilmente ciò che più turba della sua figura è il fatto che abbia negato alle sue vittime proprio il “diritto ad una morte dignitosa”. Il sottotesto di tutti i post che ho letto infondo è: “Proprio tu che hai fatto morire a quel modo tutte quelle persone adesso vorresti una morte dignitosa?“. Io penso invece che se gli negassi questo diritto una parte di me un po’ gli somiglierebbe. Nel silenzio delle mie stanze saprei che c’è un uomo cattivo che sta soffrendo e godrei della sua “giusta” punizione. Non credo di voler somigliare in niente a quest’uomo, che piuttosto disprezzo dalle fondamenta delle mie convinzioni. Ecco perché concederei il diritto ad una morte dignitosa, nelle forme e nei modi stabiliti dalla legge. Lui è in carcere perché non ha rispettato la legge, io non sono come lui.

L’immagine del bambino è forte e muove la pancia. Nessuno intende graziare quella bestia. Se esiste una giustizia universale renderà conto. Se non esiste purtroppo non c’è niente che possa riparare a quei gesti: non la pena di morte, non gli anni di carcere e nemmeno la sua morte miserevole. So che è difficile da accettare, ma in questa vicenda credo che l’unico gesto che possa dare un barlume di speranza al genere umano, sollevarlo dalle barbarie di cui è capace, è proprio la misericordia. Non è facile da spiegare, ho provato a scriverlo, ma credo che se mi rifiutassi di curarlo un po’ gli somiglierei e invece non gli voglio somigliare in niente.

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Filed Under: Attualità, Riflessioni Tagged With: 41 Bis, Borsellino, coorleone, Falcone, morte dignitosa, pentimento, Stragi, Totò Riina

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