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04/25/2020 by Alessio Farina Leave a Comment

Cottura del pane: biochimica dei processi

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 Il processo finale che interessa il procedimento della panificazione è senza dubbio la cottura del pane, che influirà parzialmente anche sull’apertura del sacro alveolo, il cui culto almeno qui dentro non coltiviamo. Tuttavia è indiscusso che una buona mollica, con la giusta crosta, fa un buon pane.

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Serve vale a dire che il pane abbia uno sviluppo armonico, un alveolo regolare e il giusto livello di umidità all’interno a fronte di una crosta spessa e capace a sua volta di restituirci importanti profili aromatici

I processi coinvolti nella cottura del pane?

 Durante la cottura, tutte le componenti naturali dell’impasto, vengono alterate irreversibilmente da una serie di reazioni e interazioni di fisiche, chimiche e biochimiche, di cui le più importanti:
  1. Espansione del volume dell’impasto (oven spring)
  2. Formazione della crosta
  3. Disattivazione del lievito, ma anche degli enzimi
  4. Coagulazione delle proteine e gelatinizzazione dell’amido
  5. Caramellizzazione e Reazione di Maillard
Come è possibile vedere l’aumento di volume in cottura è in realtà solo uno dei processi interessati e a dire il vero, nemmeno quello più importante. Dal punto di vista nutrizionale il processo principale è infatti la gelatinizzazione degli amidi, che si rendono così assimilabili da parte del nostro organismo. Il processo di cottura, inoltre, si abbina alla formazione nuove sostanze, quali zuccheri caramellati, le pirodestrine e una vasta gamma di composti aromatici, che danno il sapore caratteristico del pane.

I fattori della cottura del pane

La cottura del pane è quindi un momento che non dobbiamo sottovalutare ed è influenzata da alcuni fattori quali:
  1. la velocità di propagazione del calore,
  2. la quantità di impasto,
  3. l’umidità presente nel forno e
  4. la durata della cottura.
 Tutti questi processi che possono sembrare complessi, dipendono in realtà da poche semplici operazione, di cui tuttavia occorre essere consapevoli al di là delle manovre relativamente semplici da fare. Le operazioni concrete da fare sono nei fatti:
  1. modulare a temperatura partendo dalla più alta (25-270 gradi) e via via scendendo (fino a 180 gradi),
  2. regolare l’umidità aumentandola all’inizio (pentolino o cottura in pentola) e diminuendola gradualmente fino all’asciugatura (cottura spiffero del forno aperto o in modalità ventilato).
Al di la di procedure concrete che in questo articolo non vi darò e che trovate in ogni dove, è utile capire capire le ragioni per cui si fanno certe operazioni, in modo da poter procedere in autonomia.

La modulazione della temperatura

  • 30°C, a causa della temperatura in aumento dell’impasto freddo, i gas presenti favoriscono la produzione enzimatica degli zuccheri mentre la solubilità di anidride carbonica (CO 2) diminuisce.
  • 50°C lieviti e batteri muoiono.
  • 60°C l’amido inizia a gelatinizzare e gli enzimi procedono rapidamente alla scomposizione.
  • 60-80°C gli enzimi presenti nell’impasto vengono degradati, la gelatinizzazione cessa, glutine e amido iniziano ad interagire tra loro.
  • 100°C l’acqua presente nell’impasto inizia a bollire e ad evaporare. Comincia così il processo di formazione della crosta.
  • 110-120°C le destrine nella crosta, di colore giallo pallido, iniziano ad essere visibili per poi imbrunire a 130-140°C, restituendo il classico colore marrone del pane.
  • 140-150°C inizia infatti la caramellizzazione degli zuccheri con conseguente reazione di Maillard.
  • 150-200°C e in ambiente secco si asciuga la superficie del pane che formerà la “crosta” oltre che importanti composti aromatici.
La temperatura del pane (non del forno sia chiaro) non dovrebbe superare i 200°C, poiché oltre il processo descritto, si otterrà la carbonizzazione (crosta nera e porosa) e la conseguente formazione di acrillamide.

Trasmissione del calore nel forno

 Ragioniamo sul fatto che il pane non raggiunge la stessa temperatura in tutti i sui strati contemporaneamente. Durante la cottura, infatti, i lati e la base del pane assorbono il calore trasmesso dalle pareti del forno e lo trasmettono per conduzione via via verso gli strati più interni. La superficie dell’impasto si riscalda abbastanza rapidamente mentre, quella della mollica non supererà mai il punto di ebollizione dell’acqua, ovvero i 100°C. Il “cuore” della pagnotta raggiungerà la temperatura massima solo alla fine della cottura.
Affinché sia possibile ottenere un pane ben cotto che presenti anche una mollica soffice, morbida e ben strutturata, è necessario mantenere costante il punto di ebollizione dell’acqua nella mollica per almeno ¼ del tempo della sua cottura totale (10-20 minuti). Per questa ragioni è importante NON aprire lo sportello del forno in questa prima fase.

L’umidità e il ruolo dell’acqua

 E’ importante capire questo concetto. Ancorché la lievitazione in fase di cottura procede dall’interno (che si riscalda meno) verso l’esterno, la propagazione del calore segue il percorso inverso dall’esterno verso l’interno, proprio tramite l’acqua che disperderà calore in tutte le direzioni evaporando verso l’esterno e portando ad ebollizione l’acqua a sua volta presente verso l’interno. La cottura dunque STRATIFICATA.
Strato dopo strato, l’ebollizione raggiunge anche il cuore dell’impasto, che perde peso durante la cottura. La perdita può variare dal 12 al 22%, a seconda della tipologia di pane. E’ tuttavia dovuta soprattutto al processo di formazione della crosta che molti, erroneamente, scambiano con la perdita di umidità nella mollica. Ricordiamoci infatti che all’interno dell’impasto la temperatura raggiunge i 100°C e tale rimarrà tale fine.
Se la crosta dovesse formarsi prima che venga raggiunto il “cuore” della massa, la spinta del pane potrebbe causare spaccature sulla superficie. Ecco perché occorre regolare anche l’umidità esterna, quindi impedire alla crosta di asciugare troppo in fretta. Aumentare il contenuto di acqua nell’impasto e quindi avere un impasto più idratato non significa che il pane conterrà più umidità o che sarà più morbido e leggero.

I processi dietro la cottura

Oven Spring o espansione del volume nel forno

 L’aumento di volume dell’impasto durante la fase iniziale di cottura è chiamato “Oven spring” ed è l’aspetto più desiderato per gli amanti della panificazione amatoriale, quello che ci fa restare davanti al forno a vedere se il pane cresce. Le fasi che lo caratterizzano sono tre:
  1. 1. Milioni di piccole celle di gas, espandibili ed elastiche, circondate da una rete glutinica, si espanderanno quando il calore penetrerà all’interno della massa. Il calore infatti riduce la solubilità dei gas presenti in particolare l’anidride carbonica (CO2) viene rilasciata andando a ingrandire gli alveoli. Questo fenomeno avviene quando la temperatura dell’impasto raggiungerà i 50°C.
  2. All’anidride carbonica si aggiungono i liquidi presenti dell’impasto con un basso punto di ebollizione (etanolo), che a circa 80 gradi cominciano ad evaporare contribuendo anche loro all’espansione dell’alveolo.
Il contributo complessivo di CO2 e etanolo sull’espansione è più o meno del 50%. L’evaporazione dell’acqua contribuisce molto meno al processo essendo il suo punto di ebollizione più alto.

Doratura della crosta

La doratura dipende dalla caramellizzazione. Un processo attraverso il quale le sostanze dolci e incolori, sotto l’influenza del calore vengono trasformate in composti che variano dal colore giallo chiaro al marrone scuro (fino ad arrivare al nero nella peggiore delle ipotesi) e denotano un sapore caramellato lieve e piacevole al gusto. E’ comunque bene tener presente che a temperature elevate avviene la formazione di acrilammide che, come è stato detto è dannosa.

Gelatinizzazione degli amidi

 Durante il processo di cottura, i granuli di amido iniziano a gonfiarsi ad una temperatura di circa 40°C. Le proprietà viscoelastiche dell’impasto sono sostituite dalla fluidità quando la temperatura raggiunge l’intervallo di circa 50-65°C. L’impasto cioè a quelle temperature cambia consistenza.
Nella fase iniziale di gelatinizzazione, i granuli di amido assorbono sia l’acqua libera che l’acqua “legata” trattenuta dall’impasto. Tuttavia una gran parte dei granuli rimane intatta fino alla fine del processo questo perché l’acqua non riesce a gelatinizzare tutto l’amido presente. Nel pane il grado di gelatinizzazione dell’amido è superiore tra la mollica e la crosta anziché al centro.

Denaturazione delle proteine

Le proteine ed in particolare il glutine legano circa il 31% dell’acqua totale assorbita dall’impasto. Nei grani con residui cruscali esiste un’altra quota rilevante assorbita dalla crusca. Il glutine contribuisce alla formazione della struttura portante dell’impasto: la maglia in cui vengono incorporati i minuscoli granuli di amido. Subiscono una denaturazione termica quando la temperatura della mollica raggiunge circa 60 – 70°C. Le proteine ​​denaturate non sono in grado di legare l’acqua all’amido (che a quel punto si trova nel pieno processo di gelatinizzazione) quando la temperatura della pasta è superiore a 75°C.
E’ un po’ complicato da capire, ma denaturazione delle proteine e degradazione dell’amido sono due processi complementari e contribuiscono entrambi alla formazione della mollica

Enzimi e Amilolisi nello sviluppo dell’alveolo

 Naturalmente anche gli enzimi appartengono alla famiglia delle proteine. Poiché l’amido gelatinizza, le amilasi accelerano la sua idrolisi. Nella fase iniziale del processo, l’amilolisi contribuisce a distruggere la struttura iniziale dell’amido favorendo la fluidità dell’impasto e promuovendone l’espansione. L’amido viene suddiviso in piccole molecole e il livello delle destrine e del maltosio, utile alla fermentazione provocata dal lievito, aumenta.
Insufficienti reazioni amilasiche sono spesso causa di difetti e il pane potrà non presentare grande volume e/o colore dopo la cottura. Al contrario, un’attività amilasica eccessiva produce una sovra-espansione della pagnotta e può causarne persino il collasso. Ho parlato della questione qui

CONCLUSIONI

A farla da padroni nel processo di espansione sono dunque i lieviti e non i batteri, che invece ci interessano di più per i sottoprodotti acidi e aromatici che producono in fase di fermentazione. Ricordiamoci che in una buona pasta madre il loro rapporto resta di 1 ogni 100 batteri, ovvero, che i protagonisti della lievitazione con pasta acida restano i lieviti. L’acqua che pure gioca un ruolo determinante su tutti gli altri processi (conduzione del calore, gelatinizzazione degli amidi ecc.), partecipa molto poco ai processi di oven spring, che avvengono come visto a temperature più basse.
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Filed Under: panificazione Tagged With: acrimaldeide., cottura, etanolo, gelatinizzazione, impasto, pane, reazione di Millard

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