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03/27/2022 by Alessio Farina Leave a Comment

La verità: fondazione Trascendentale dell’inconscio

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Questo lavoro esplora il concetto di verità e la sua evoluzione all’interno della soggettività umana, ponendo particolare attenzione alla dialettica tra coscienza e inconscio. Partendo da una riflessione sull’inconscio universale e la sua relazione con la cultura, si esamina come le strutture psichiche e culturali si intrecciano nel trasmettere significati attraverso le generazioni. La verità, come questione di responsabilità e ambivalenza, emerge come un processo dinamico che sfida la razionalità e si sviluppa in una tensione tra il mondo dell’inconscio e quello della coscienza. L’evoluzione della verità, dunque, si configura come un continuo dialogo tra l’individuo e la collettività, tra l’emozione e la razionalità, che mai raggiunge una definizione definitiva, ma si afferma come una ricerca incessante e paradossale.

L’Evoluzione della Soggettività e il Ruolo dell’Inconscio

Nel mio lavoro di dottorato, ho dedicato ampio spazio all’analisi della fondazione trascendentale della soggettività, un tema che merita un approfondimento filosofico e psicoanalitico. Non intendo criticare questa fondazione, ma piuttosto esplorare il fatto che le strutture della mente e della coscienza sono in continua evoluzione, proprio come le strutture della civiltà che ci definiscono. Le strutture profonde della soggettività seguono una legge evolutiva che riflette il movimento dialettico che permea tutte le cose.

Se, come cercheremo di dimostrare, anche il nostro inconscio è fatto della stessa sostanza dei nostri pensieri, allora le passioni dell’anima e i suoi vissuti devono poter essere determinabili a priori attraverso modelli archetipici quasi-trascendentali. Da questa prospettiva emerge l’ipotesi di un inconscio universale astratto: un non-luogo originario e pre-conscio che diventa oggetto di riflessione.

L’Inconscio Universale e la Trasmissione della Verità

L’idea di un inconscio universale è fondamentale, poiché riconosciamo la necessità di una trasmissione di significati a livello inconscio. Questo aspetto è centrale nella spiegazione filogenetica degli stati evolutivi della psiche, sia a livello individuale che collettivo. Un esempio importante di questa trasmissione può essere visto nell’uccisione del padre primordiale da parte dell’orda di fratelli, evento che segna non solo la nascita del complesso edipico, ma anche quella del sentimento religioso.

L’evoluzione umana può essere letta come un progresso in cui gli stadi di sviluppo sono “tolti” e “conservati”, un movimento che si intreccia con la trasmissione della verità attraverso le generazioni. La domanda che sorge spontanea è: dove vengono tolti e dove vengono conservati i significati?

La risposta risiede nell’inconscio universale e nella cultura come realtà intersoggettiva condivisa. La verità si trasmette attraverso l’evoluzione culturale, un processo che collega l’individuo alla collettività.

La Cultura e la Dialettica della Verità

La cultura, in questa visione, è il teatro in cui avviene la trasmissione della verità. Essa è quella struttura sovra-soggettiva che definisce lo “spirito di un’epoca”, il materiale attraverso cui l’ideale dell’Io si manifesta, con i suoi divieti, precetti morali e religiosi. È nella cultura che la verità si fa concreta, visibile e trasmissibile.

Il rapporto dialettico tra l’universale astratto e la cultura è un’area fondamentale per comprendere la natura della verità. L’universale astratto rappresenta il lato inconscio e misterioso dell’esistenza, mentre la cultura lo illumina, lo rende conscio e comprensibile. La cultura diventa quindi il luogo in cui la verità si concretizza, dove l’astrazione si fa esperienza, e dove il collettivo si incontra con l’individuo.

Il Mistico e la Verità: Emozione e Razionalità

Nel contesto della verità, la dimensione mistica non può essere percepita tramite il pensiero logico o analitico. La verità mistica si afferma nel sentimento, nell’intuizione che coglie il tutto. La via mistica dell’illuminazione non è una via di pura razionalità, ma di connessione emotiva con il sé universale, che si definisce e si ridefinisce attraverso la cultura del tempo.

Se l’universale astratto è indeterminato e inaccessibile alla ragione, la cultura rappresenta la sua manifestazione conscia, razionale. L’inconscio universale è il lato emotivo della verità, mentre la cultura rappresenta il suo aspetto razionale e conosciuto.

La Dialettica di Inconscio e Conscio

Secondo la dialettica hegeliana, esiste uno stato originario dello Spirito, che è inconscio, e uno stato successivo di consapevolezza, che è conscio. Questi due stati, in-sé e per-sé, interagiscono tra loro e, sebbene non si arrivino mai a coincidere completamente, danno vita a una continua evoluzione della verità.

La salute mentale può essere descritta come un accordo tra le istanze imposte dalla società e le pulsioni inibite. L’armonia tra queste due forze crea un equilibrio, un punto di incontro dove la verità, pur rimanendo dialettica, può essere riconosciuta.

La Verità Prima della Coscienza

La verità originaria è descritta come uno stato pre-cosciente, l’in-sé, che non è consapevole ma è una forma di passione. La verità, in questo senso, non è un atto di volontà consapevole, ma un destino che si realizza in modo universale. Questo concetto si rifà alla teoria della “volontà di vivere” di Schopenhauer, una forza universale che guida tutto, ma non è espressa nella consapevolezza dell’individuo.

La coscienza (Io) emerge come negazione dell’indeterminato, con la consapevolezza del volere. La verità della coscienza è limitata e intrappolata nelle categorie di spazio e tempo. La dialettica tra Io e Non-Io è vista come un continuo passaggio tra conscio e inconscio, che non si possono mai completamente ricongiungere.

La Verità Come Responsabilità

La verità viene descritta come una “responsabilità”, un legame con il mondo e con gli altri, ma anche come un limite che, se troppo vicino, può diventare insostenibile. È un qualcosa di esterno che si riflette dentro di noi, un continuo interscambio tra il nostro mondo interiore, il mondo comune e l’ambiente naturale.

Il rapporto dell’uomo con la verità è ambivalente. Da una parte essa rassicura, dall’altra inquieta. La ricerca della verità è vista come una tensione continua, non come un raggiungimento definitivo. Come suggerisce Aristotele, gli uomini sono mossi dalla “meraviglia”, ma questa ricerca implica anche il paradosso della verità che è inaccessibile nella sua totalità, sebbene possa essere esplorata in parti.

La Temporalizzazione come Salvezza dell’Anima

La coscienza non può affrontare la verità nella sua interezza senza dissolverla o renderla sopportabile attraverso il tempo. L’idea di “essere in potenza”, che si sviluppa nel divenire, è vista come la modalità in cui l’anima affronta la verità, separando il passato dal futuro e diluendo la contraddizione che l’essere umano non può sostenere in un solo momento.

L’inconscio è il regno dove la verità, priva di tempo e spazio, non è facilmente comprensibile dalla coscienza. Questo inconscio è rappresentato come “impassabile”, come qualcosa che non può essere attraversato dalla coscienza in modo diretto, ma che si può comprendere solo indirettamente, attraverso simboli e significati profondi.

Il Mondo Ultraterreno e la Separazione tra Interno ed Esterno

Il mondo ultraterreno, che corrisponde all’inconscio, è visto come un regno lontano dalla consapevolezza diretta, ma che si può esplorare solo attraverso una “meditazione” interiore. Questo regno non è né tempo né spazio, ma una dimensione che sfugge alla razionalità e alla divisione del sé in soggetto e oggetto. Il paradosso di questo regno è che il “non-luogo” diventa in qualche modo un riflesso della nostra stessa interiorità.

Che cos’è la verità, giusti a questo punto attonito mi chiedi? La verità è un bisogno senza alcun fondamento sotto. E’ una pia illusione concessa all’uomo perché conservasse il suo stato di ragione. La verità che era prima della coscienza e che sarà dopo di lei è semplicemente insostenibile per l’uomo che riconosce l’illusorietà del suo fondamento.

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