Quando anche tu, con le tue scarpe da viandante, avrai camminato quanto ho camminato io con le mie, potremo finalmente discutere da pari.

Se ad ogni bivio avrai provato le vertigini dell’oblio, la solitudine delle persone ambigue, il nulla del vuoto interiore, allora potremo raccontarci chi siamo.
Quando, a ogni inizio, non riuscirai a smettere di pensare alla fine, e ogni fine avrà per te lo stesso sapore, avrai la mia attenzione. Ogni volta che tra i denti sentirai il gusto amaro di un pasto solo desiderato, potremo finalmente rivolgerci la parola.
Fino ad allora, non saprai mai chi sono io.
Io, però, saprò da sempre chi sei stato. Ogni tua parola sarà già detta prima che tu la proferisca. Ogni tua scelta già compiuta prima che tu la faccia. Io saprò chi sei tu, prima ancora che tu fossi. E tu, mio caro amico, non saprai mai chi sono io. Io sono un teatrante dentro un’eterna commedia. Il palco è il tuo, ma la commedia è la mia. Recito la mia parte ogni volta, mentre tu non sai mai quale ruolo ho scelto per te.
Non sei quasi mai all’altezza dei miei pensieri, e per questo non te li rivelo mai tutti, solo uno per volta. Non sai mai né chi sono né dove sono. Poche persone mi superano, ma sono tutte matte, e non sanno parlare di sé. Io, invece, ho trovato le parole tanto tempo fa. So recitare la mia parte. So stare al mondo. Ma questo non mi rende diverso da loro; mi rende solo incapace di capire da che parte stare.
Ho deciso che questa sarà la mia parte: quella del viandante.
Ho scelto di restare a metà strada, senza più tentare di ricucire i lembi di ferite antiche.
Conviene che io resti nel solco segnato dalla prima scissione, percorso e ripercorso mille volte, riproposto in ogni decisione, grande o piccola che sia. Io ero già diviso in me stesso, e solo dopo ho diviso a metà il mondo per scrutarmi dentro. Ma il mondo ero io, come mio era pure il suo riflesso, mio lo specchio e mio lo sguardo che guardava. Era tutto dentro di me, ma io non lo capivo. Vedevo nemici dove invece c’ero io.
Ho viaggiato nel mio inferno, finché non ho compreso che l’inferno ero io. La mia angoscia ero io: per questo era sempre accanto a me, senza che io la seguissi né lei mi rincorresse.
I confini dell’anima
Quando anche tu, come viandante, avrai visitato le terre oscure e sarai tornato indietro, quando avrai conservato lucidità senza rifuggire, parlare o tentare di capire, allora potremo discutere. Tu mi sarai fratello.
Prima di allora sarai visto senza poter vedere, parlerai senza poter ascoltare. Io farò un silenzio riempito di parole affinché tu non comprenda che io e te non abbiamo nulla da dirci.
Quando io e te avremo camminato tanto a lungo da poterci incontrare, ci guarderemo soltanto. Per allora sapremo, ciascuno per conto proprio, che il percorso ha avuto un senso e che quel senso era da sempre nell’esserci incontrati.
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