Ricordo ancora il tempo immoto dei primi filosofi. In particolare, mi colpì allora la famosa affermazione di Parmenide: “L’essere è e non può non essere; il non essere non è e non può essere”. Mi affascinava l’assertività di quelle parole e il modo in cui, anche nella sua formulazione, essere e non essere restassero indissolubilmente connessi. In questa visione del tempo immobile, senza dubbio perfetta, si scopre che l’essere deve necessariamente non avere parti al suo interno, non nascere, né morire, né avere confini che lo limitino o movimenti che lo trasformino, sia come spostamento che come cambiamento. E allora me lo immagino lì, questo “essere” eterno: perfetto al suo interno, completo in sé stesso, ma sostanzialmente solo.
Nel tempo immobile sta l’eternità.
Un’altra frase che mi viene in mente è di William Blake: “L’eternità è innamorata delle opere del tempo”. Ciò che manca all’essere, in questa sua identità statuaria, è il tempo. Il problema è che, a volte, il senso del tempo manca anche a noi esseri umani, perché spesso ci pietrifichiamo in questa eternità immutabile, che nei fatti è solo un’illusione.
Tutto finisce, tutto passa. Direi quindi piuttosto che “l’essere non è ancora stato e un giorno non sarà più”. In mezzo a ciò che non c’è ancora e ciò che già è passato, si colloca la nostra vita. Aver conosciuto una persona non è come non averla mai conosciuta, aver fatto un’esperienza non è come non averla vissuta.
Ormai qualche anno in più ce l’ho e continuo a pensare che ci sia vita solo dove c’è trasformazione, e che la volontà di non affrontare le lacerazioni inevitabili del vivere ci faccia sì restare nella nostra perfezione intonsa, ma di fatto ci conduca a morire dentro prima del tempo. Le cose non vissute sono belle e in ordine, ma in realtà dentro non contengono nulla. Le cose abitate, invece, hanno tanti pezzi fuori posto, alcuni irreparabilmente rotti, ma hanno il calore delle cose che accadono nel tempo.
Direi allora: “Tutto ha il suo momento, e ogni evento ha il suo tempo sotto il cielo” (Quoelet 3:1).
Lascia un commento