La strada per i laghi
La strada per i laghi
Confesso che in tanto macchinare m’ero perso il dettaglio forse più importante. Solo una volta che fui in marcia puntando dritto verso lo stradone realizzai che per andare ai laghi bisognava uscire dal vicolo. Come avevo fatto a farmi sfuggire questo piccolissimo particolare?
Che dovevo fare? Tirarmi indietro d’improvviso? Fare per l’ennesima volta la figura del cretino? Occorreva scegliere se farsi amici maschi o rispettare i mille divieti che mi venivano imposti. Di tempo ne avevo troppo poco a disposizione per le mie valutazione, c’eravamo quasi con la bici. ‘Pazienza’ mi dissi tra me e me. Fu così che per la prima volta infransi un regolamento, di quelli importanti intendo, e varcai la soglia della strada.
La strada asfaltata era così liscia sotto le ruote, le macchine non sfrecciavano mica a quell’ora. Anzi rallentavano prima di sorpassarci. Capivo che schiacciare ciclisti non fosse esattamente il loro passatempo preferito. Gino davanti a me poi era così spavaldo, se anche fosse avrebbero senz’altro schiacciato per prima lui. Si divertiva a puntare le auto contro senso e farsi suonare. Lo guardavo ridere di gusto e per la prima volta vidi il bambino che era in lui. Ok forse era scapestrato, ma infondo capace di divertirsi, di dare con semplicità un senso alla vita, di disobbedire. Era tutto così facile nei suoi gesti, così irragionevole, e tuttavia a suo modo coerente.
Avevo il sole di fianco questa volta e irradiava i cespugli cresciuti ai bordi del marciapiede. Le cartacce per terra mi scorrevano con uno strano effetto ottico, per cui erano più veloci se fissavo in basso la strada sotto i pedali, ma diventavano via via più lente man mano che alzavo lo sguardo verso il percorso. Pensai che anche la vita fosse fatta allo stesso modo. Gli eventi si susseguivano vorticosi solo se li guardavi da vicino, ma diventavano più lenti se visti da lontano.
Le mie gambe erano poco allenate forse, ma sembravamo dei pistoni. Forse l’entusiasmo, forse l‘adrenalina, ma riuscivo a tenere il passo di Gino ed era una pedalata energica la sua. Si vedeva dalla muscolatura del suo polpaccio che la sua spinta era possente. Se non fosse che mai avevo provato quella sensazione a metà strada tra la frenesia e il turbamento, avrei detto che in quel momento ero felice. Significava questo farsi amici maschi? Vuoi vedere che una volta tanto i consigli di mio padre erano stati utili? Occorreva non distrarsi troppo con i pensieri però, si andava veloci e serviva concentrazione. Svoltammo a destra all’altezza del campo di calcio che tanto odiavo, subito dopo avremmo dovuto svoltare a sinistra e poi verso i laghi. Proprio come pensavo non c’era anima viva intorno.
Gino fece però una cosa inaspettate. Invece di voltare a sinistra tiro dritto puntando direttamente al campo di calco. Ci entrò dentro infine, urlando e ridendo a crepapelle. Io lo seguii senza troppo pensarci su. Avevo infranto il divieto di attraversare la strada, cosa vuoi che mi importasse di uno stupido campo di calcio? Sull’erba appena innaffiata le ruote perdevano aderenza, si faticava a tenere la strada, gli schizzi delle ruote ci finivano addosso. Era così diverte, prendersi l’acqua della ruota di Gino dritta in faccia e rischiare di cadere? Era così divertente evadere le regole? L’unica risposta sincera che potrei darvi è si! Certo che lo era!
Il custode del calcetto si accorse presto dell’intrusione, ci urlò dietro qualcosa, ma noi eravamo già usciti e volavamo via in direzione dei laghi. La grassa risata di Gino coinvolse anche me questa volta e finalmente mi uscì un sorriso potente e rumoroso. Non potevo vedermi ma sentivo chiaramente la bocca aperta e gli zigomi sbattermi sopra le orbite degli occhi. Era la prima volta ridevo così di gusto e in modo spontaneo.
“Bene adesso ai laghi!” urlò trionfante Gino. “Ai laghi!”, rispondevo io oramai fuori di me. Veloci come eravamo arrivammo in men che non si dica.
Non è improbabile che se me li facessero vedere adesso i famosi laghi mi scapperebbe un’altra risata. Di fatto erano interramenti molto grandi utilizzati dagli agricoltori per raccogliere l’acqua un po’ del fiumiciattolo, un po’ piovana. Non erano nemmeno piccoli però, oggi direi grandi almeno una vasca olimpionica.
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