La pasta madre di segale in Italia: note tecniche
Alcune premesse sono d’obbligo. L’articolo che segue sulla pasta madre di segale è estratto dal blog di rus brot. Le lacune sulla panificazione con la segale in italia sono tante e tali che è impossibile trovare procedure corrette. La segale in italia semplicemente non interessa. Da qui l’idea di tradurre gli articoli che possono costituire oggetto di interesse.
Il primo articolo introduttivo lo trovate qui
Non si tratta di traduzioni vere e proprie. Per quanto nel corso del tempo il blog grazie a google traslate sia diventato sempre più accessibile e per quanto aver seguito un corso di panificazione con Sergey Kirillov, tradotto da Silvia Marras, mi abbia aiutato, ho dovuto in più punti sforzarmi di “comprendere” il testo più che tradurlo. L’eccesso di coerenza può aver stravolto il senso originario del testo. Quello che però mi importava era restituire articoli che avessero significato e fossero utili per il pubblico italiano.
Qui trovi la prima parte dedicata alla panificazione domestica
Pasta madre di segale e di frumento
In più di un caso ho quindi riadattato espressioni e considerazioni al pubblico italiano. Nello specifico appare evidente il divario tra la complessità della panificazione nell’est europeo e la nostra, complessità restituita anche nel testo. Quando si parla di pasta madre (zakvaska) l’autore pare dare per scontato che si tratti di pasta madre di segale. Usa invece la parola lievito (drozhzhi) in modo indistinto sia per i lieviti della pasta madre che per il lievito aggiunto negli impasti. Per comodità in questo secondo caso precisiamo nel testo sempre che si tratta di di lievito di birra.
Quando i ragionamenti invece vanno bene per qualsiasi tipo di pasta madre ho lasciato l’espressione generica. Dove era chiaro che dovesse necessariamente trattarsi di segale uso l’espressione “pasta madre di segale”. Ma questa differenza nel testo non viene fatta quasi mai.
La pasta madre di segale e il pane
Per panificare con la farina di segale, con i mix di farine segale-frumento o anche con la sola farina integrale di frumento è necessario utilizzare la pasta madre. Facendo riferimento a quanto già detto vedremo di dare le corrette informazioni sugli starter.
Cenni storici
All’inizio del XX secolo, dopo la rivoluzione, in Russia la produzione artigianale del pane fu sostituita dalla produzione industriale. Le metodologie popolari per la preparazione e il mantenimento della pasta madre furono perciò modificate per soddisfare le esigenze e le capacità dei grandi panifici, le stesse ricette che non potevano seguire le nuove metodologie perché poco standardizzabili furono semplicemente dimenticate.
Questi tristi eventi hanno avuto come è ovvio un lato positivo. Cominciarono infatti ad occuparsi di panificazione tecnici della panificazione, quindi microbiologi, tecnici della molitura e così via. In questo modo è stato facile analizzare i processi, sistematizzare le procedure e generalizzare le conoscenze popolari in modo che fosse possibile applicarle su larga scala.
Il lato negativo è che la gente non si preoccupa più di panificazione, di cosa serve per fare cosa. La situazione attuale nel network russofono (RuNet) è che è impossibile trovare informazioni sistematizzate sul pane a lievitazione naturale che permettano di panificare correttamente a livello domestico. Ciò che si trova sono i lontani ricordi di ciò che si faceva oramai più di un secolo prima. Informazioni imprecise e frammentate che sono passate in un telefono senza fili lungo 100 anni. In alternativa è facile reperire metodologie o ricette straniere, ma anche in questo caso arrivate per passaparola e dunque molto imprecise.
Recupero della tradizione o innovazione?
Come è ovvio si possono trovare in rete molte informazioni sulle moderne tecnologie di panificazione, che però sono difficili da riprodurre a livello domestico. Insomma è come se la produzione artigianale di una volta e quella tecnica e su grande scala si adesso non ci fosse nulla. Il panificatore domestico di ritrova o informazioni molto imprecise o fonti tecniche che non spiegano il perché dei vari passaggi, ma solo cosa fare punto per punto.
In occidente il processo di industrializzazione è stato più lento e non impostato dall’alto. Questo ha permesso quindi la sopravvivenza almeno parziale delle tradizioni di panificazione popolare, che sono in molti casi di pubblico dominio.
Per questa ragione, un panettiere amatoriale e un professionista adoperano nella gestione dei loro starter gli stessi schemi di lavoro. Queste informazioni sono accessibili e molto ben descritte e sono di dominio pubblico. Questo mi ha aiutato a comprendere meglio i processi di panificazione utilizzati in Russia, tanto più che furono proprio i tedeschi allora che aiutarono il nascente stato sovietico a industrializzare il processo di produzione del pane.
Il mio approccio
Come si sarà capito, sono un sostenitore di un approccio scientifico o tecnologico alla panificazione. Non viviamo nell’antico Egitto, ma nel 21° secolo e, a mio avviso, rifiutare di utilizzare le conoscenze moderne sulla preparazione del pane sarebbe triviale. Per questa ragione per produrre un buon pane di segale è necessario, anche a livello domestico munirsi di alcune strumentazioni, come ad esempio:
- Bilancia da cucina con tolleranza di ± 1-5 g
- Bilancia di precisione con tolleranza di ± 0,1 g
- Termometro per cucina con tolleranza ±0,1°C
- Celle per mantenere costante la temperatura dello starter, quindi celle di lievitazione anche fatte in casa, yogurtiere con possibilità do controllare la temperatura. Intevelli di temperatura richiesti 25-42°C.
Per coloro che credono che 100 anni fa, quando tutti questi mezzi non erano a disposizione, il pane fosse più buono, posso solo dire che 100 anni fa non esistevamo neanche e non è quindi possibile dire come fosse. Quello che sappiamo per certo oggi è che quando mangiamo pane mediocre o dal sapore cattivo oggi questo succede non perché viene prodotto con metodologie moderne, ma perché vengono disattesi alcuni passaggi fondamentali, ovvero proprio quelli rispettati nel processo di produzione su larga scala del pane.
Per quanto ci piaccia pensare che il pane buono fosse quello di una volta, la verità è che la tecnologia e conoscenze moderne ci permettono di ottenere un pane con un sapore migliore di quello di 100 anni fa.
Di cosa è fatta una pasta madre?
Tipicamente, la pasta madre classica che sia di segale o di frumento è composta da farina, acqua, e microrganismi fermentanti i quali a loro volta producono metaboliti secondari come prodotti di scarto.
I microrganismi contenuti nello starter sono solitamente:
- Il lieviti (spontanei o innesti di culture specifiche): producono anidride carbonica, etanolo e fanno aumentare di volume l’impasto. I lieviti sono funghi unicellulari.
- I batteri lattici (LAB) – producono principalmente acido lattico e acetico, come sottoprodotti della loro fermentazione e in qualche caso altri acidi in misura trascurabile.
- Altri microrganismi che si sviluppano nella pasta madre in piccole quantità, perché ostacolati dall’ambiente acido prodotto dai LAB. Sono solitamente presenti in piccole quantità e non hanno un effetto significativo sulla pasta madre e sul pane stesso.
Lievito e batteri lattici di solito vivono in simbiosi nel substrato o mezzo nutritivo. Anche se ci sono delle eccezioni, di cui parlerò più avanti.
A proposito di lievito di birra e pasta madre
Un panificatore alle prime armi dovrebbe sapere che il pane è lievitato dal lievito in tutti i casi, anche quando è realizzato con pasta madre. Esiste dunque un pane lievitato con culture specifiche (lievito di birra) e un pane lievitato con lieviti spontanei (pasta madre). Quando leggete “senza lievito” in qualunque modo sia stato prodotto, se c’è lievitazione ci saranno dei lievito di mezzo. Sarebbe quindi più corretto scrivere “senza lieviti aggiunti” o ancora più esplicitamente “senza lievito di birra”.
Classificazione degli starter per il pane
Chiunque decida di dedicarsi alla panificazione pensa di primo acchito che sia una cosa semplice, e lo pensavo anch’io all’inizio. Infondo si tratta solo di unire acqua e farina. Le cose non stanno affatto così, soprattutto quando si tratta di pane di segale. Ti basti sapere che esistono una dozzina di colture iniziali selezionate in base al metodo di innesco e agli schemi di mantenimento. Saranno paste madri che conterranno un diverso microbiota e avranno diversi livelli di acidità e di conseguenza daranno diversi sapori e texture alla mollica oltre che diverse tecniche di utilizzo.
Va quindi compreso che non esiste solo la “pasta madre”, per noi di frumento e il lievito di birra, tante paste acide di segale per esempio. Tra queste poi ne esistono di diverse per metodologie di creazione quindi “a ciclo continuo”, realizzate con il kefir, con “macchine” specifiche o con il “metodo della nonna. Ciò che è importante comprendere è che ognuna di queste paste acide è diversa e produrrà risultati diversi, ma soprattutto che riconoscere questa diversità è la chiave di volta nella realizzazione del pane di segale
Tentare una classificazione definitiva è complicato. Ha più senso fare delle distinzioni operative utili per panificare.
Per composizione del microbiota.
La loro distinzione è innanzitutto in lieviti convenzionali e non-convenzionali.
Gli starter convenzionali sono da considerarsi quelli che contengono farina, acqua, lieviti, batteri lattici più i loro sottoprodotti di scarto (come detto anidride carbonica, etanolo e acidi organici). Questi starter sono in grado di aumentare il volume dell’impasto e di acidificarlo. La stessa parola “convenzionale” suggerisce che sono usati da tanto tempo e non hanno subito cambiamenti significativi nel corso del tempo.
Lieviti non convenzionali
Sono considerati starter non convenzionali quelli che contengono farina, acqua, e batteri lattici più i loro sottoprodotti metabolici (quindi solo acidi organici ed eventualmente piccole percentuali di carbonica). Questi starter non sono perciò in grado di far lievitare l’impasto, proprio perché mancano i lieviti. Devono perciò essere utilizzati in combinazione con un secondo agente lievitante (il più semplice da reperire è il lievito di birra) e processati in più fasi prima dell’impasto definitivo.
Gli starter non convenzionali sono relativamente recenti nel panorama della panificazione. La loro nascita risale a qualche decennio fa. Questo significa che sono peggiori di quelli convenzionali? No, solo che sono stati introdotti per semplificare il lavoro dei panettieri e qualche volta produrre risultati migliori. Quindi, in generale, non sono peggiori, semmai migliori, di quelli tradizionali.
Per consistenza della pasta (idratazione)
Il contenuto di umidità dello starter determina le due forma di pasta madre più conosciute, ovvero la pasta madre solida e liquida, meglio conosciuta in Italia con l’acronimo LI.CO.LI. (LIevito in Coltura Liquida).
In un approccio più tecnico dovremmo però distinguere la pasta madre in base alla percentuale di idratazione e parlare di una idratazione del 50% per la pasta madre solida e del 100% per la liquida. Ragionando in questo modo non abbiamo due sole tipologie di pasta madre (solida e liquida), ma una pasta madre di cui dovremo indicare l’idratazione.
Tre diversi tipi di idratazioni
Se la pasta madre è composta per esempio da 100 g di farina e 100 ml di acqua, il suo tasso di umidità o idratazione è del 100%. Se la pasta madre contiene 100 g di farina e 200 ml di acqua, il suo tasso di umidità o (idratazione) è del 200% e così via.
Le paste acide di segale vengono distinte sulla base della loro consistenza in tre grosse fasce (non due come per il frumento):
- 1) Pasta madre solide (dense) per idratazioni che vanno dal 60 80%.
- 2) Pasta madre normale quando idratate al 100%.
- 3) Pasta madre liquida per paste madri con idratazione superiori al 150%
Questo dipende in parte dalle caratteristiche della segale, che soprattutto quando integrale è capace di assorbire molta più acqua di una normale farina di frumento, per via della maggiore percentuale di fibre presenti nel cereale.
Vale la pena notare che la via di mezzo, ovvero, la pasta madre “normale”, quindi idratata al 100% non è la consistenza usuale della tradizionale pasta madre Russia. Mantenerla in fase liquida è una metodologia piuttosto recente importata dai paesi occidentali. Il pane in Russia viene solitamente preparato pasta madre solida o liquida.
I lieviti naturali convenzionali inoltre possono avere tutte e tre queste consistenze in base a quanto si decide di idratarle, quelli non convenzionali si presentano solo in forma liquida.
In base alla temperatura di mantenimento
A seconda della temperatura di mantenimento e quindi dei microrganismi residenti le paste madri si distinguono mesofili (20-42°C) e termofili (48-53°C).
Nella pratica di tutto il mondo le paste acide sono tradizionalmente mesofile ovvero prodotte e mantenute a temperature che variano dai 20 ai 33°C. In Russia il range di riferimento è 26-33°C. La maggior parte dei batteri lattici e dei lieviti sono attivi in questo intervallo di temperature.
Gli starter mesofili non convenzionali vengono prodotti in un intervallo di temperatura compreso tra 37 e 42°C. A queste temperature solo alcuni ceppi di batteri lattici sono attivi mentre i lieviti sono inattivo.
Le colture starter termofile non convenzionali vengono attivate come detto a temperature comprese tra 48 e 53°C. In questo intervallo sono attivi solo alcuni ceppi specifici di batteri lattici, mentre anche in questo caso i lieviti sono inattivi.
In sintesi gli starter convenzionali sono soltanto mesofili, quelli non convenzionali possono essere mesofili (parte alta del range) o termofili.
Per modalità di innesco
Una pasta madre può essere attivata con il metodo classico e quindi mediante fermentazione spontanea oppure innesto di culture specifiche.
Pasta madre a fermentazione spontanea: i lieviti e i batteri lattici si sviluppano dalla microflora inizialmente presente nell’ambiente circostante. La farina costituisce quindi il mezzo di contaminazione principale oltre che il nutrimento. I microorganismi si selezionano spontaneamente. Per questa ragione possiamo aspettarci certi batteri o lieviti solo se presenti nell’ambiente, ma più in generale non abbiamo un’idea precisa di quali batteri e lieviti hanno contaminato la pasta madre (salvo analisi di laboratorio).
Pasta madre a innesto di culture specifiche: i LAB e il lieviti vengono introdotti dall’esterno. Si tratta microorganismi noti e affidabili rispetto al loro funzionamento come lievito compresso e/o lattobacilli essiccati. Poiché la composizione e la qualità degli antipasti spontanei sono imprevedibili in genere in ambito professionale si preferisce l’utilizzo di ceppi di lieviti e LAB noti, in modo da preparare starter affidabili rispetto al risultato.
Gli starter di culture selezionate possono essere ottenuti anche a casa, ad esempio, utilizzando complessi bifido-lattobatterici acquistabili in rete o in farmacia.
Combinato: Il metodo combinato è quello di cui abbiamo già discusso a proposito di lieviti non convenzionali. In questo casi i LAB possono essere selezionati tramite fermentazione spontanea mentre il lievito di birra verrà aggiunto in un secondo momento per far lievitare l’impasto. In questo caso il lievito può essere aggiunto sia nella fase iniziale della fermentazione che in quella finale, a seconda del metodo che utilizzate.
Per metodo di modalità mantenimento
Secondo il metodo di mantenimento le pasta madri sono divise in:
Monouso: gli starter one shot vengono prodotti una sola volta prima della cottura del pane e inseriti tutti nell’impasto. Esempi di questo tipo di starter sono la pasta di riporto , la biga e il poolish.
Tutti questi tre tipi di prodotto sono da considerarsi paste acide perché alla fine della fermentazione avranno sviluppato una piccola quota di LAB presenti nella farina o nel panetto di lievito di birra stesso e vengono utilizzati una volta sola dopo la loro creazione. Poolish e biga hanno un tempo di fermentazione lungo, quindi il LAB ha abbastanza tempo per svilupparsi.
Riutilizzabili: gli starter una volta creati vengono mantenuti in back slopping ovvero con rinfreschi scadenzati e costanti. In questo caso la fermentazione può essere condotta in modo continuo e discreto . Gli starter nei panifici rinfrescati periodicamente al raggiungimento di una determinata acidità. Gli starter discreti , per lo più casalinghi, si invece vengono conservati in frigo e rinfrescati solo prima del loro utilizzo.
Per tipologie di impiego
In base alle tipologie di impiego possiamo distinguerle in paste madri per “tutti gli usi” e paste madri specifiche per alcune tipologie di prodotti.
Gli starter universali possono essere utilizzati per preparare qualsiasi tipologia di pane. Gli starter di questo tipo sono quelli la cui microflora rientra nel range mesofilo e comprendono la pasta madre tradizionale ma anche gli starter non convenzionali mesofili non tradizionali (KMKZ).
Le culture a base di fermenti lattici specifici sono adatti per preparati alcune tipologie di pane. Un esempio sono le culture a base di termofili. Ad essere più corretti gli stessi starter a base di lievito di birra sono adatti per il solo pane di frumento, ma come detto non posso essere utilizzati per il pane di segale.
Innesco di una pasta madre
Dopo tutto quello che ho scritto sorge spontanea la domanda: “Per quale tipologia di starter dovrei optare a livello domestico?”
Lo spettro delle paste madri possibili è davvero ampio e la classificazione fatta poco sopra ha il solo scopo di orientarsi dentro questo vastissimo mondo. Più in generale è possibile dire che vanno tutti bene, ma non sono intercambiabili a causa del diverso livello di acidità che sono in grado di produrre, della presenza o assenza di lieviti e della diversa concentrazione di umidità.
Il criterio che dovrebbe farci da guida è sempre il risultato. La pasta madre da utilizzare è quella che ci fa ottenere il risultato migliore dato il minor dispendio di energie. Criteri sono quindi anche la versatilità della pasta madre, la possibilità o meno di dotarsi di una strumentazione adeguata e la possibilità o meno di garantire rinfreschi costanti e cadenzati nel tempo.
La qualità dello starter è influenzata, come detto, da una serie di fattori:
- Temperatura
- Idratazione
- Substrato
- Fasi di sviluppo
Di conseguenza se non ha la possibilità di mantenere temperature costanti e certe in fermentazione non sarà possibile ottenere un pane di qualità e il fallimento è dietro l’angolo. Non sto dicendo che non si può preparare un pane di segale a lievitazione naturale a temperatura ambiente, ma la qualità sarà scadente.
Per avere una chiarezza del range di temperature fissiamo alcuni punti. La temperatura ottimale per molti LAB è intorno ai 35°C. La temperatura ottimale per la crescita del lievito è di 25°C, ma a 35°C il lievito entra in fase stazionari e comincia a produrre etanolo in modo massiccio.
Il mantenimento dello starter sotto i 20°C porta ad un notevole rallentamento nel processo di riproduzione di tutti i microrganismi necessari se non all’impossibilità di riprodursi di alcuni che quindi non ritroveremmo in uno starter a fermentazione spontanea. Il mantenimento della classica pasta madre cui tutti siamo abituati deve avvenire in un range compreso tra 25-30°C, preferibilmente 28°C.
La questione cruciale è tuttavia forse più importante:
a che temperatura stiamo mantenendo il lievito se facciamo tutto a temperatura ambiente? Sarà magari estremamente caldo di inferno o al contrario eccessivamente freddo d’estate, quindi di fatto avremo a che fare con una pasta madre troppo instabile che solo occasionalmente lavorerà alle temperature ottimali.
Per l’innesco e il mantenimento della pasta madre occorre utilizzare farina integrale di segale, perché alcune tipologie di batteri che ci servono resiste solo nella parte esterna del guscio del chicco. Quest’ultima inoltre ha la massima percentuale di minerali, vitamine e proteine utili allo sviluppo del microbiota.
Creazione di pasta madre classica
Dosi per pasta madre a fermentazione spontanea
- 50g farina di segale
- 50ml acqua
- 24h
- 28°C
idratazione 100%
Ho parlato dettagliatamente delle logiche di innesco di una pasta madre qui. Acqua, temperatura e nutrimento innescano la proliferazione di microrganismi, ma oltre ai lieviti e ai batteri lattici, nella farina è presente la microflora putrefattiva di cui dobbiamo liberarci. Lieviti e batteri lattici infatti alla lunga predomineranno nello starter. Avremo però bisogno di una serie di rinfreschi (fasi) affinché i batteri lattici e il lievito si sviluppino nelle quantità richieste e creino condizioni (acidità, etanolo) sfavorevoli alla microflora putrefattiva.
I rinfreschi vanno quindi ripetuti ogni 12 ore
- 50 g della fase precedente
- 50 g farina integrale di segale
- 50 ml acqua
- 12h
- 28°C
idratazione 100%
Non appena l’odore putrido cambia in alcolico o acido è possibile abbassare il livello di idratazione della pasta madre al 70%. Un lievito semisolido permette di accumulare meglio acidità. Quindi:
- 50 g fase precedente
- 50 g farina di segale per carta da parati
- 27,5 ml acqua
- 12 ore
- a 28°C
idratazione 70%
Occorreranno una manciata di rinfreschi fatti in queste proporzioni.
Via via potranno essere aumentati i rapporti tra pasta madre e nutrimento fino ad arrivare a 1 a 10 quindi una parte di pasta madre e 10 tra acqua e farina.
- 10 gr. fase precedente
- 60 gr. farina integrale di segale
- 40 gr. di acqua
Si otterrà così un lievito madre solido che potrà sostare fino a 24h prima di essere rinfrescato nuovamente.
In effetti, questo metodo di produzione e mantenimento della pasta madre può risultare molto dispendioso e nonostante tutte le misure che si possono adottare i risultati potrebbero sempre risultare mediocri.
È possibile accelerare i processi e migliorare la qualità del risultato utilizzando per le prime fasi del processo il malto di segale fermentato. In questo modo sarà possibile accorciare il processo a soli tre giorni con dei passaggi che però non spiegherò in questo contesto.
Metodi combinati
È molto semplice e affidabile sviluppare un starter professionale solido utilizzando il lievito di birra .
È ancora più semplice e affidabile estrarre i batteri lattici dal malto e poi utilizzarli associandoli al lievito d birra.
In altri termini partendo da un substrato che contenga batteri lattici sarà più facile lasciar riprodurre prima quelli (e solo quelli). Alzando le temperature di partenza a 40-45 gradi infatti (quindi nella parte alta del range mesofilo) e elimineremo più facilmente batteri nocivi, selezionando tra i LAB principalmente gli omofermentanti. A queste temperature non sopravviveranno però nemmeno i lieviti, che verranno inseriti dopo o abbassando le temperature e quindi permettendo ai lieviti contenuti nella farina di riprodursi una volta creato l’ambiente adatto per la proliferazione dei soli batteri “buoni” oppure inserendo direttamente il lievito di birra nello starter.
Nel primo caso serviranno 2-3 giorni affinché i lieviti recuperino forza, nel secondo caso (inserendo lievito di birra) non più di 6 ore. Questo metodo è alla base del processo che ha portato alla elaborazione del mio idrofermento, dove per ragioni di velocità e sicurezza piuttosto che estrarre i LAB dal malto di segale ho utilizzato lo yogurt con ceppi noti di LAB.
In questo secondo caso servirà una attrezzatura in gradi di mantenere in modo costante temperature tra i 40 e i 45 gradi.
Quello che è importante comprendere qualunque strategia si usi è che è importante creare le condizioni affinché si riproducano correttamente e nel modo più veloce possibile i LAB, solo dopo ci interessa che si innestino anche i lieviti. Prima la pasta madre deve vale a dire acidificare e solo dopo lievitare. Solo alla fine ci preoccuperemo di fattori secondari come l’idratazione e le temperature di mantenimento.
Creazione di starter non tradizionali
Le colture starter non tradizionali comprendono lo starter di acido lattico concentrato (KMKZ) e lo starter di termofili. La differenza trai due è nella tipologia di batteri lattici che andremo a selezionare. Nel caso del KMKZ il range sarà ancora quello mesofilo nel caso dei termofili salendo con le temperature sopra i 48 gradi selezioneremo (se presenti nel substrato) le culture termofile.
A questo punto vale la pena recuperare la classificazione dei batteri ricordando che si dividono in
- Batteri termofili: crescono ad alte temperature (47-70°C, temp. ottimale: 50-55°C)
- Batteri mesofili: crescono a temperature intermedie (20-45°C, temp. ottimale: 30-37°C)
- Batteri psicrofili: crescono a basse temperature (0-25°C temp., ottimale: 20-25°C)
I mesofili
I batteri patogeni dell’uomo e degli animali sono mesofili, adattatisi, cioè, alla temperatura corporea (circa 37°C) che, anche nel corso di processi febbrili supera raramente i 40°C. Per questa ragione orientandoci nella parte alta del range mesofilo impediamo alla maggior parte dei patogeni di riprodursi. Ricordiamo infine che i batteri mesofili non crescono a temperature di frigorifero e che le paste madri mantenute costantemente a basse temperature sviluppano più facilmente batteri psicrofili. Questo giusto per orientarci sulla differenza fondamentale nella gestione classica della pasta madre a livello domestico e quella tradizionale a temperature controllate.
I termofili
I batteri termofili hanno la loro condizione di sviluppo a temperature superiori a 40°C. L’intervallo termico di questo gruppo è stato recentemente elevato fino 90°C, in quanto è stato dimostrato che alcuni batteri sono cresciuti in una sorgente calda a tale temperatura. In questo range siamo ancora più selettivi nella tipologia di LAB che selezioniamo.
Un ultima annotazione a margine meno rilevante per la discussione è la distinzione tra
- Batteri aerobi: utilizzano l’ossigeno
- Batteri anaerobi: non utilizzano l’ossigeno
- Batteri aerobi facoltativi: possono vivere anche in assenza di ossigeno, ma lo preferiscono.
Chiudere ermeticamente il barattolo dove si conserva la pasta madre, se questo è grande più o meno quanto la pasta madre aiuterà a selezionare i batteri anaerobi e rappresenta un altro criterio di selezione del microbiota della pasta madre.
Lievito di acido lattico concentrato (KMKZ)
Il KMKZ è uno start a fermentazione spontanea “universale”. La sua caratteristica principale è quella di essere creato e mantenuto a temperature di circa 40°C, cosa che favorisce lo sviluppo di mesofili resistenti alle alte temperature e capaci di produrre solo acido lattico, con elevati livelli di acidità complessivi.
Il KMKZ viene utilizzato per cuocere il pane in combinazione con il lievito di birra. Può sostituire in toto la pasta madre classica se ci si convince del fatto che il lievito di birra non sia un veleno.
Pane con pasta chooux
La pasta madre termofila è una pasta madre specifica e viene utilizzata soltanto per la cottura di alcuni tipi di pane con zavarnoy (o pasta choux che dir si voglia). Lo si ottiene aumentando le temperature a 48-53°C. E’ giusto il caso di ricordare che a quelle temperature l’amido di segale è prossimo alla gelatinizzazione per cui spesso associato alla procedura di saccarificazione. Da solo non è in grado di far lievitare l’impasto e come il KMKZ deve essere associato ad un secondo lievito.
Una volta preparato lo zavarnoy infatti questo viene lasciato raffreddare e inserito nell’impasto a temperature più basse che permetto ai lieviti del range mesofilo di iniziare a riprodursi
Di particolare interesse è il batterio lattico l. Delbrueckii perché presente tipicamente nella superfice del malto di segale e può quindi essere facilmente estratto nel processo di saccarificazione.
Il Lactobacillus delbrueckii sottospecie bulgaricus (conosciuto fino al 1984 come Lactobacillus bulgaricus) inoltre è anche uno dei batteri più utilizzati nella produzione dello yogurt.
Come rinfrescare una pasta madre
I rinfreschi di mantenimento sono parte integrante della gestione della madre. Come visto le condizioni di mantenimento in relazione alle temperature, l’idratazione e la qualità della farina, determineranno la composizione finale del microbiota e di conseguenza le caratteristiche dalla pasta madre.
Preparare la pasta madre alla panificazione è tuttavia condizione diversa e questi rinfreschi vanno concettualmente distinti dai primi, intendendoli come fasi della panificazione. Prima di utilizzare la pasta madre per preparare un prodotto da forno dobbiamo sempre prepararla in funzione del prodotto che vogliamo ottenere. Anche in questo caso ci servirà capire se ci serve più spinta o più acidità. Nel caso in cui volessimo preparare la pasta madre ad un grande lievitato per esempio ci vorrebbe più spinta (molta più spinta), nel caso volessimo preparare un pane si segale più acidità (molto più acidità).
I consigli del dilettante sulla pasta madre di segale
In rete purtroppo si leggono molte imprecisioni legate ai rinfreschi legate al fatto che si guarda ad un solo tipo di prodotto (il pane di frumento) e a delle caratteristiche non obbligate in un prodotto da forno, ovvero l’alveolatura accentuata.
“Una pasta madre pronta è quella che ha raggiunto il suo volume massimo” (quale?)
“Una pasta madre è pronta quando raddoppia in 4 ore” (A quali temperature? Pronta per farci cosa?)
“La pasta madre matura è rigogliosa e profuma di….” (Nessuno di noi è un sommelier che sa riconoscere e descrivere odori e sapori).
Una pasta madre è pronta quanto ha raggiunto il giusto rapporto tra acidità e forza lievitante rispetto al prodotto che vogliamo ottenere.
Espressioni come “Prendere lo starter nel picco della sua attività …” E’ un espressione fantastica, non che non sia corretta, ma di preciso in che misura costituisce per noi un criterio?
Una ricetta data correttamente è quella che vi spiega anche come è stato avviato e mantenuto lo starter, quindi a quali condizioni di idratazione e temperature. Dati questi due parametri iniziali sarà allora possibile orientarsi in funzione del tempo. Lo starter sarà per esempio pronto se idratato al 100% in rapporto di 1 (parte pasta madre) a 5 (nutrimento: acqua+farina) verrà conservato a 28 gradi per 14-16 ore. Questo è l’unico modo corretto di dare istruzioni per panificare. Un corretto modo di gestire la pasta madre farà la differenza nel prodotto finale che andrete a realizzare.
La gestione della pasta madre di segale nell’ordinario
La gestione della pasta madre nell’ordinarietà è più importante per altro delle sue modalità di innesco, per cui occorre che chi vi da la ricetta vi dica anche come ha gestito la sua pasta madre nell’ordinario e per prepararla alla panificazione.
Per esempio, una pasta madre rinfrescata in rapporto di 1 a 1 e tenuta per 12 ore prima di essere utilizzata non può far lievitare correttamente il pane, avrò un eccesso di acidità che inibirà l’azione del lievito e andrà quindi utilizzata aggiungendo lievito di birra.
Una pasta madre rinfrescata in rapporto di 1 a 10 non potrà essere tenuta a temperatura ambiente se si vuole preparare un pane di segale, perché presenterà un eccesso di acido acetico che restituirà una mollica appiccicosa e un sapore aspro al pane.
La differenza con il frumento
Qualsiasi pasta madre classica rinfrescata in qualsiasi proporzione se presa nel picco di massima lievitazione andrà bene per il frumento, ma non per la segale, in quanto non avrà il sufficiente livello di acidità e di conseguenza il pane sarà insapore e umidiccio. Potrei continuare così all’infinito.
Allo stesso tempo occorre sapere che a seconda della pasta madre che avete in casa potete ottenere dei risultati piuttosto che altri. Ci sono tipi di pasta madre con elevata forza lievitante e bassa acidità, perfetti per i prodotti che chiedono sviluppo in cottura e ci al contrario sono tipi di pasta madre con elevata acidità e bassa forza lievitante più adatti alle farine integrali e deboli.
Ci sono infine tipologie di pasta madre con forza lievitante e acidità equilibrate. Il primo tipo di pasta madre potrà essere utilizzato da solo, senza l’ausilio del lievito di birra, il secondo necessiterà dell’aggiunta di lievito di birra, il terzo può essere utilizzato a scelta con o senza lievito di birra.
Quindi, quando rinfreschiamo lo starter, dobbiamo capire chiaramente qual è il nostro obiettivo, cosa vogliamo ottenere.
Qui trovi la terza parte su come costruire una ricetta per pane di segale
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