La prima volta che ti incontrai,
ebbi paura. Non di te, ma di me.
Paura di non essere abbastanza, paura del buio che divorava le mie notti,
paura della rabbia che divampava senza che io potessi controllarla.
Dalla paura fuggivo, come una sposa in fuga dall’altare.
Era lei a vincere sempre, a trascinarmi lontano,
mentre io volevo solo te.

La prima volta che ti incontrai,
vidi la mia paura riflessa nei tuoi occhi,
tormentati come i miei.
E fu così che la sera si trasformò in mattina,
che le parole uscirono da sole,
che mi spogliai di fronte a te.
Nudo, come gli alberi in inverno,
fragile, come chi ha smesso di sperare.
Andavo e tornavo, mi spezzavo ogni volta,
come l’acqua che si infrange sui ciottoli del mare.
Ogni passo avanti era una crepa,
e ogni volta dovevo tornare indietro.
La prima volta che ti incontrai,
non ti dissi chi ero.
Non lo sapevo neanch’io.
E come tutte le prime volte, non ce ne fu una seconda.
Venne la rabbia, poi il buio, poi il tormento.
Fu la solitudine del cuore a portarmi via,
e i tuoi silenzi ostinati,
quelli che vincono ogni parola,
quelli che ti hanno già condannato,
e che hanno condannato anche me.
La prima volta che ti incontrai,
non sapevo cosa fosse la paura.
Mi spogliai, vinto dal desiderio di averti,
di ingoiarti e tenerti con me per sempre.
Così credevo, così temevo, così facevo, ogni volta.
E ora che un pezzo di te è rimasto in me,
vorrei amputarmi, strappartelo via,
cancellarlo per sempre.
La rabbia ha coperto la paura,
una rabbia cieca, ostile, invincibile.
Ti ho protetto, credevo.
Protetto da me stesso,
senza accorgermi di cosa stessi facendo a me.
Era paura quella che covavo nell’anima,
che respirava per me e taceva al posto mio.
La prima volta che ti incontrai,
non sapevo.
Ma volevo, con tutto me stesso.
È la paura che vince sul mondo,
quella paura che non capivo.
Era lei a governarmi,
e non sapevo che oltre di lei c’era la libertà:
di essere, di fare, di dire ogni mio pensiero.
La paura si posava su di me come una coperta,
mi scaldava, e cedeva solo quando lo faceva anche l’inverno.
Delle mille notti passate a rimuginare,
a chiedermi dove fosse il mio errore,
delle mille parole pronunciate per poi ritirarle,
della tua convinzione di avere sempre ragione,
di tutto questo resta solo l’eco del mio rimpianto.
Una musica di sottofondo che mi accompagna ogni giorno,
e ogni giorno maledico quella prima volta.
La prima volta non sapevo che avrei dovuto allontanarti,
che oltre la paura c’era la libertà.
C’ero io.
La prima volta che ti incontrai, ti vidi e mi innamorai.
E non ti chiesi come mai
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