
All’inizio, prima del cosmos, vi era il Caos. L’àpeiron (ἄπειρον) — termine greco composto da “ἀ” (“senza”) e πεῖραρ (“limite”) — rappresenta, nella filosofia di Anassimandro, l’archè (ἀρχή), il principio originario e indefinito da cui tutto scaturisce. Il Caos, dunque, è l’essenza primordiale: infinito, immutabile, privo di determinazioni. Da esso, come narrano i frammenti anassimandrei, si separano progressivamente le coppie di contrari: luce e tenebra, maschile e femminile, positivo e negativo. Eppure, questa separazione non intacca l’illimitatezza dell’indeterminato, così come sottrarre una manciata di sabbia al deserto non ne intacca l’immensità. Esso permane, mare eterno da cui ogni cosa emerge e a cui tutto ritorna, generatore e distruttore al tempo stesso.
Il Caos: Origine dell’Universo secondo la Filosofia Antica
All’inizio, prima del mondo, c’era il Caos.
L’ápeiron — dal greco ἄπειρος, ovvero «illimitato» — è secondo Anassimandro l’archè, il principio da cui tutto origina.
Il Caos era dunque l’origine di ogni cosa. E da lui si separarono le coppie di contrari: luce e ombra, maschile e femminile. Ma l’indeterminato non svanisce: come un oceano da cui togliere qualche goccia d’acqua, resta comunque infinito.
Il Limite come Difesa: Dalla Mitologia alla Ragione
Di fronte a tale forza primordiale, come reagire? Se il Caos non può essere annientato — come insegnano i miti in cui gli dèi incatenano mostri senza ucciderli — l’unica difesa è delimitarne il dominio. Parmenide compie il primo passo decisivo: stabilisce che “l’essere è, il non-essere non è” (fr. B2 DK), negando ogni legittimità alla contraddizione. Tuttavia, tale principio contrasta con l’evidenza del divenire — il fatto che le cose siano ciò che non sono ancora o ciò che non sono più. Sarà Aristotele, nella Metafisica (IV, 3-6), a sistematizzare la questione formulando il principio di non contraddizione:
«È impossibile che il medesimo attributo appartenga e non appartenga, nello stesso tempo e sotto il medesimo rispetto, alla medesima cosa».
In questo modo, il filosofo stagirita sottrae al flusso caotico la logica del tempo, consentendo di pensare l’essere come determinato e finito. Gli antichi capirono presto che il Caos non poteva essere sconfitto: solo contenuto. Un primo tentativo umano di costruire un confine al disordine.
l tempo diventò così il confine dell’eternità.
Da un inizio nasce una fine.
E da questa, l’angoscia della morte.
La ragione, fragile e limitata, reagisce creando nuovi confini: fatti di uomini questa volta.
Aristotele e il Principio di Non Contraddizione
Imporre al Caos il confine del tempo significò accettare la mortalità: ogni cosa, avendo un inizio, avrà una fine. La ragione umana, incapace di sostenere l’angoscia dell’infinito indeterminato, eresse un ulteriore baluardo: trasformò gli uomini stessi in confine. Coloro che abitano questa soglia — né luce né ombra, né ordine né follia — incarnano la duplice natura del Caos, sospesi tra creazione e distruzione. In essi risuona l’intuizione hegeliana dello Spirito che, rischiando la sorte, avanza attraverso contraddizioni e sintesi (cfr. Fenomenologia dello Spirito, prefazione). Sono universi caotici che parlano la lingua della ragione, specchio di un’originaria ferita metafisica.
Vivere sul Confine: La Natura dei Borderline
A me stesso, per aver resistito là dove il mondo ha preteso determinarmi; per aver custodito quel nucleo oscuro — nero come il regno delle ombre — da cui ogni vita sgorga. Al Caos che mi abita, dono ambiguo degli dèi, alle possibilità mai realizzate e a quelle già dissolte. Alla mia natura bizzarra, fedele all’archè che precede ogni confine. Perché, come scriveva Eraclito (fr. 123 DK), φύσις κρύπτεσθαι φιλεῖ: la natura ama nascondersi, ma nel Caos rivela la sua essenza più pura.
Gli uomini di confine, i borderline, sono come il Caos:
né luce né ombra, né folli né sani.
Hegel avrebbe detto: capaci di creare e distruggere allo stesso tempo.
Sono essi stessi confine e caos insieme.
A me stesso, per il male che mi sono voluto.
Per il caos che porto dentro.
Per le cose che non sono mai state, né mai saranno.Fedeltà alla propria natura, prima ancora che il mondo avesse voce.
Per quel nero regno delle ombre, da cui tutto è venuto e a cui tutto torna.
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