Come il Sole e la Luna si rincorrono nel moto incessante dei pianeti, così ci giravamo intorno da tempo, senza sapere se ci stavamo cercando o fuggendo. Un’orbita emotiva, eterna, incomprensibile.
Il mio Sole era rabbia pura: immobile, invincibile, implacabile. La mia Luna invece, quieta, adagiata sul letto di un mare nero e profondo, inaccessibile. Ho compreso allora che anche dentro me questi due astri non facevano altro che rincorrersi. E che il mio modo di vivere il mondo era il riflesso di come stavo dentro me stesso.
Sole e Luna amore come riflesso del sé
Come sotto una maledizione, continuavo a inseguire frammenti interiori, senza mai sapere se desideravo abbracciarli o allontanarli. Persino quando il Sole brillava con violenza, vedevo meno che al calar della notte. Quel moto perpetuo – autosufficiente, chiuso, indifferente – mi rendeva incapace di vedere davvero l’altro. Terribilmente solo.
Eppure, ti avevo incontrata. Come pellegrini che si incrociano su sentieri tracciati solo per loro. Nessuno dei due era lì per l’altro. Ciascuno rincorreva se stesso. Il nostro era un viaggio senza meta, senza un futuro possibile. Senza un vero inizio o una vera fine.
“Mi manchi”, mi dicesti. Io? Potevo davvero mancare a qualcuno? Io, in lotta con il mondo, mendicante di briciole, nato sotto la luna sbagliata?
La distanza tra te e me
Eppure mi mancavi anche tu. Compagna di viaggio, forestiera silenziosa rifugiata tra le mie rovine, crateri lasciati da guerre interiori. Cosa non avrei fatto per proteggerti? Ma ne avevi bisogno davvero? Come avrei potuto legarti a me, se non servendoti?
Sapevo già come sarebbe finita. La rabbia avrebbe vinto. Ti avrei persa appena avessi cercato di stringerti. Conoscevo i miei demoni: l’invidia nascosta sotto l’amore, l’inferiorità mascherata da desiderio, l’inadeguatezza travestita da affetto.
Per questo ti rincorrevo e ti rifuggivo. Per guardarti da lontano. Una distanza giusta per non bruciarti con il mio Sole. Per non oscurarti con la mia Notte.
Dentro e fuori: Chi Sole e Luna?
Ma tu, perché mi rincorrevi? Perché eri sempre presente, nonostante tutto? Perché avevi scelto me, proprio me?
Tu eri ordine, geometria, controllo. Eppure, sotto quella perfezione, celavi l’antico terrore del vuoto. Io lo avevo già scoperto. Non temevo più la Morte, compagna di una vita. E quando la mia anima finalmente si rivelò, chiara e maestosa, fu lei a chiedermi di te. Sincera, potente, incapace di compromessi.
Cosa avrei potuto fare, se non seguirla? Avevo davvero una scelta?
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