La trasformazione è il cuore di ogni cambiamento significativo nella vita. Attraverso il tempo, le esperienze e le scelte, ci evolviamo, modellando il nostro essere e il mondo che ci circonda. Questo blog nasce proprio per raccontare il mio personale viaggio di trasformazione: un percorso fatto di riflessioni filosofiche, cura del corpo, passioni creative e momenti di introspezione. Ogni parola è una finestra su un cambiamento, ogni pagina una tappa del cammino verso una continua evoluzione.
Il cammino del Sè in trasformazione
Ho completato la riorganizzazione complessiva del vecchio “My Space” di Microsoft, trasformandolo nelle fondamenta di questo nuovo blog. Era uno spazio a cui ero molto affezionato, un contenitore per tutto ciò che accadeva nella mia vita. La ristrutturazione ha richiesto un notevole lavoro di revisione: molti post sono stati spostati nella sezione “poesie”. Ho dovuto abbandonare l’impostazione intimistica originale per dare al blog una forma più “pubblica”, pensata per avere senso anche oltre la ristretta cerchia di amici che mi conoscevano – una logica su cui si basava il vecchio My Space.
Nonostante le numerose modifiche, il blog continua a parlare di me, raccontando le esperienze che ho vissuto nel corso degli anni. Tra poesie adolescenziali, disegni, “lettere” indirizzate a persone diverse, riflessioni filosofiche e persino esperimenti di panificazione, resta intatta la sostanza di quello che era il mio spazio personale.
Trasformazione: il filo conduttore della mia storia
La malinconia è un sentimento insidioso: non è solo nostalgia per un periodo felice ormai lontano, ma una nota di fondo che colora l’esistenza. È lo sguardo rivolto al passato, per osservare il tempo perduto o, peggio ancora, per attendere che il presente diventi passato e poterlo contemplare a posteriori. Il passato è rassicurante: per quanto bello o brutto sia stato, è compiuto, il suo finale è noto, e gli attori che ne facevano parte non sono più gli stessi. Certo, molti di loro sono ancora vivi, ma cambiati, come me.
A volte il passato è un rifugio, ma indugiarvi troppo è rischioso. È come il canto delle sirene per Ulisse: affascina e incanta, ma può far smarrire la via, come in quell’incantesimo cantato da Franco Battiato.
Ogni tanto mi piace tornare sui miei vecchi post: poesie, disegni; mi piace rivedere quel tempo immobile e privo di patimento. Apprezzo l’idea di aver reso tutto ciò fruibile a tutti. Sono nel mio mondo, ma spero che questo spazio sia accogliente per chiunque vi si avventuri.
Se mi chiedeste: chi sono?
Questa è forse la domanda filosofica per eccellenza. Se ciascuno di noi sapesse rispondere in modo appropriato, avremmo senza dubbio risolto tutti i nostri problemi. Tuttavia, vale la pena anticipare che non esiste un modo “appropriato” per rispondere.
Esistono due grandi visioni del mondo: la filantropia e l’egolatria.
I filantropi, in genere, credono che il problema risieda in loro stessi. Mossi da questa quasi inconscia noncuranza di sé, sono aperti agli altri, sempre pronti ad aiutarli. Gli egolatri, invece, sono convinti che il problema siano gli altri. Di conseguenza, si richiudono nel proprio guscio, idolatrando se stessi e i propri pensieri, immersi in una perenne critica del reale. I primi, quando scelgono un corso di laurea, tendono a preferire Psicologia; i secondi, Filosofia. Nessuno dei due, tuttavia, mostra un autentico spirito di concretezza.
Io, ad ogni modo, ho optato per la seconda opzione, pur senza mai disdegnare la prima.
Esistono persone “strane”, vuoi perché sono state definite tali da sempre, vuoi perché sentono il bisogno di percepirsi diverse dagli altri, a qualunque costo. Nel loro arroccamento, imparano col tempo a costruire un mondo tutto loro, fatto di mille suggestioni. Per me, però, vivere nel mio mondo non ha mai significato isolarmi: piuttosto, ha significato invitare gli altri nelle rappresentazioni del mio Sé. Nel corso degli anni, quel “mondo” è diventato una “casa” da abitare.
Della filosofia si danno mille definizioni: “amore per il sapere”, “scienza del tutto”, “scienza delle scienze”. La mia preferita, però, è questa:
Il mio amore per la filosofia fu un colpo di fulmine. Mi colpì subito, al terzo anno di liceo. Come si poteva amare il sapere? Che tipo di amore era questo, per me che, all’epoca, non avevo ancora conosciuto davvero cosa volesse dire amare, né conosciuto l’amore?
“La filosofia è quella cosa con la quale o senza la quale si rimane tale e quale.”
La filosofia è la scienza della riflessione. È lo studio delle cause e dei principi primi. Rappresenta il punto di inizio di ogni altra scienza, uno sguardo totale sul tutto. È, infine, la possibilità di criticare se stessa e i propri principi. Ogni volta che non si agisce, ma si riflette, si fa filosofia. Quando la scienza riflette sulle proprie condizioni, si parla di filosofia della scienza. Ogni volta che il diritto si interroga sulle condizioni di validità delle leggi, si fa filosofia del diritto. Quando l’uomo riflette su se stesso, si fa filosofia, senza bisogno di ulteriori specificazioni. Tra le domande filosofiche per eccellenza, la più celebre rimane: “Essere o non essere?”
Il passato e la trasformazione del presente
Tutte le scienze sono nate dal grembo della filosofia. Un tempo, essa le conteneva tutte; oggi, ogni disciplina ha rinnegato la propria origine, e molte storcono il naso di fronte a quella che viene ancora definita “scienza del tutto.”
La filosofia mi ha dato tanto, ma anche l’illusione che riflettere sui problemi equivalga ad affrontarli. Oggi direi piuttosto che elevarli di statura è un modo per anestetizzarli. Mi ha dato una laurea, un dottorato e una predisposizione al tutto. I filosofi cercano sempre il cuore delle cose, la loro essenza. Dopo aver concluso il dottorato di ricerca in Filosofia, con una tesi su Habermas e un approfondimento sui temi del giovane Hegel, avrei dovuto abilitarmi all’insegnamento.
La pietra d’inciampo
Ma le scuole di abilitazione restarono chiuse per anni. Così, come un amante che al novantanovesimo giorno si stanca, al centesimo mi iscrissi a Infermieristica. Dalla cura dell’anima passai alla cura del corpo. Nel mezzo, ci furono gli anni del volontariato. Iniziai facendo doposcuola per i bambini di un quartiere disagiato della mia città.
All’epoca ero convinto che, se sapevo insegnare a fare di conto a un bambino, avrei potuto spiegare la metafisica a un adulto. Alla fine, non credo che quei bambini abbiano imparato granché da me, ma io ho imparato moltissimo da loro. I bambini sanno essere spigolosi, e spesso hanno vissuti complessi alle spalle. Non puoi interagire con loro se non sai affrontare te stesso: sanno essere schietti, diretti e spesso disarmanti nella loro capacità di semplificare la realtà.
La filosofia come trasformazione del pensiero
Da loro ho imparato la pazienza di saper aspettare. Sono come fiori: sbocciano quando vogliono loro, ma se sai prendertene cura, prima o poi lo fanno tutti. Giorni e giorni trascorsi cercando di farli stare seduti, tra ribellioni, provocazioni e qualche momento di violenza. Poi, un sorriso, una parola o un segno sul foglio ti fanno capire che qualcosa è cambiato: hanno iniziato a fidarsi di te e, soprattutto, di se stessi.
Il caso ha voluto che la mia esperienza, iniziata con i bambini, si concludesse in un reparto di psichiatria in Romania.
In Romania notai una strana continuità nel disagio e una contiguità, anche fisica, tra la povertà e la malattia mentale. Molte case di riposo o case famiglia avevano in comune tra loro un lato “marcio” dove ammucchiare pazienti psichiatrici: le ho volute chiamare “Le stanze dei segreti“. Questo mi colpi molto allora.
Il volontariato trasformazione dell’anima
Il volontariato scorreva in parallelo al dottorato di ricerca, che non andò esattamente come speravo. Parafrasando le parole di Francis Muriac nella prefazione a La notte di Elie Wiesel, posso oggi dire che ciò che allora fu per me una pietra di inciampo si trasformò, col tempo, in una pietra angolare. Prendersi cura degli altri è stato il filo rosso che ho seguito, per un una vita intera e reinventarmi come infermiere è stata, credo, la scelta più facile per me da fare.
La mia divisa da infermiere
Gli anni di Infermieristica furono intensi e convulsi. Si fa molto tirocinio negli ospedali: all’inizio sembra quasi un gioco – il camice, il fonendoscopio, le prime punture. Poi tutto si fa incredibilmente serio. Il disagio, l’ansia, la morte, la cura, le responsabilità, i ritmi frenetici: tutto diventa parte del quotidiano. Io ho imparato che serve una divisa per proteggersi da tutto questo.
Il vantaggio di essere infermiere è che il corpo è molto più semplice da curare rispetto all’anima. Inoltre, i ruoli della relazione sono chiari, definiti da una divisa appunto. E’ questa che mi ha sempre protetto dall’emotività intensa che ogni paziente può suscitare in me.
Come nelle migliori storie d’amore, qualche anno dopo lei – la filosofia – tornò da me. Le SISSIS riaprirono, anche se con un nuovo nome: TFA. Ero già al secondo anno di Infermieristica, e decisi di non tornare indietro. Probabilmente perché, allora, sentivo il bisogno di ciò che Milan Kundera chiama l’insostenibile leggerezza dell’essere. Cercavo concretezza, realtà. Avevo bisogno di ancorarmi alla fisicità, rassicurante nella sua oggettività.
Solo col tempo ho compreso che non si può sanare una scissione senza crearne un’altra. La sofferenza per non essere diventato insegnante non si poteva risolvere smettendo di essere infermiere. Pian piano, a decidere è stato il tempo.
Pane: la trasformazione di acqua e farina
Solo chi ha un lavoro può coltivare passioni gratuite. La panificazione è ciò che resta della mia esperienza di volontariato. Come ho accennato, l’apertura di questo blog coincide con la nascita di una passione che ho coltivato per anni, la panificazione. Da questa pratica ho imparato, ancora una volta, che l’ingrediente fondamentale è il tempo – il bambino che gioca a dadi di cui parlava Eraclito.
Il tempo è capace di trasformare ciò che è indigesto in frutti maturi. Oggi, più che alla panificazione in sé, mi sento appassionato di fermentazione: il processo di trasformazione della materia, guidato da microorganismi semplici ma incredibilmente resilienti come i batteri lattici.
Da questa passione è nato, passo dopo passo, un mondo intero: un gruppo Facebook, un profilo Instagram, un canale YouTube, e un piccolo ecosistema social che considero un “hobby”. Quando ho deciso di integrare questa passione nel blog, invece di crearne uno nuovo, è nata la sezione Panificazione, a supporto dell’attività principale svolta nell’omonimo gruppo Facebook.
Un blog in trasformazione
Mi sono presto accorto che avevo solo aggiunto al nutrimento per l’anima quello per il corpo. “Nutrire” è, in fondo, un prendersi cura in senso completo, capace di raccogliere e dare forma alla complessità della mia storia.
Il blog che ho in mente è “trasparente”. Gli strati si sono accumulati nel tempo l’uno sopra l’altro, restando visibili, insieme alle cose di me che andavano cambiando. L’effetto è quasi artistico e rappresenta, per me, una metafora della vita. Non abbiamo bisogno di essere una cosa sola, di portare tutto a termine o di riuscire in ogni cosa.
Le nostre esperienze restano lì, con i loro successi e fallimenti, con i ripensamenti e le strade interrotte. L’importante è tenere tutto insieme, non rinnegare nulla. L’essenziale è non smettere di essere anche quei “sentieri interrotti”.
Chi sono oggi? Un barattolo ancora da riempire.
Dal vecchio MySpace ho voluto conservare : l’ultimo titolo che gli diedi:
-W%n-Der£and,
“Chi crede di essere qualcuno ha già smesso di diventarlo.”
Oggi, mi considero un’anima da riempire, pronto ad accogliere altre trasformazioni e a costruire nuovi capitoli della mia storia.
Alessandro says
Ti ringrazio per questo intenso viaggio di evoluzione del tuo essere che lungi dall’essere interpretato come intrusione nella tua vita privata e non, è pura condivisione di crescita con gli altri. E come dici tu l’ essenziale è non smettere di essere anche quei sentieri interrotti. Grazie
Alessio Farina says
Grazie per il bellissimo commento mi fa un enorme piacere che il messaggio volessi comunicare sia arrivato